lunedì 7 settembre 2015

GEORGES SIMENON - Faubourg (ed. Adelphi)


Georges Simenon
In Faubourg la scrittura di Simenon è come sempre scorrevole e precisa, pur riuscendo a creare un clima abbastanza cupo e carico di riferimenti. 
De Ritter, il cui vero nome è Renè Chevalier, arriva alla stazione del paesino portando con se Léa, una prostituta conosciuta due mesi prima in una casa chiusa. Non sanno bene perché sono li, forse per tentare la fortuna o per truffare qualcuno. Il paese è quello dove De Ritter è nato e da cui è fuggito a diciotto anni e dove torna ora che ne ha una quarantina.

E' un viaggio nel passato, un viaggio della memoria nel paese della sua giovinezza dove cammina senza essere riconosciuto.





"Poco prima sua madre l'aveva forse riconosciuto da un marciapiede all'altro? 
(...) perchè quello con cui parlava era suo zio e suo zio nemmeno se l'immaginava".

Faubourg
Lui invece si ricorda tutto, i posti, i negozi, le modifiche che sono state fatte, il cambio dei proprietari,  le case, persino gli odori.

"Passavano le ore e lui le riconosceva tutte, perchè ciascuna aveva la sua fisionomia, i suoi rumori, i suoi odori particolari".

Passeggia per la sua faubourg (periferia) raccontando di aver girato il mondo più volte, conosciuto personaggi famosi e fatto i lavori più straordinari. In realtà ha fatto solo lavoretti più che mediocri, ed è stato persino in prigione a Panama, ma ormai è così abituato a inventarsi storie straordinarie da non riuscire quasi più a distinguere la menzogna dalla verità.

E' un viaggio nel passato carico di rabbia e di sensazioni spiacevoli, eppure non riesce ad andarsene di nuovo da li, preso da una voglia non confessata di riscatto.

"Ora, anche se pieno di rabbia, provava il bisogno di girovagare per quelle strade, di riconoscere i muri, i profili, le insegne dei negozi".


Riesce a farsi assumere dal giornale locale dove scrive, con ricchezza di particolari, i viaggi che ha fatto e a crearsi una cerchia di amici, si incontra con la zia, con la madre (con la quale avrà sempre un rapporto conflittuale) e si crea le sue piccole abitudini di tutti i giorni.

"De Ritter aveva solo bisogno di ripetere gli stessi gesti agli stessi orari, di scandire le giornate con tappe regolari, di rifugiarsi in qualche oasi familiare".

Arriva persino a sposarsi pensando che diventare mediocre fra i mediocri riesca a dargli la stabilità e la visibilità che ha sempre cercato.

Léa che lo ha sempre seguito sottomessa pur cercando di dargli buoni consigli, poco dopo il matrimonio di De Ritter si renderà indipendente da lui e questo fatto scatenerà il dramma finale.

Sia il tema del viaggio nel passato, che il rapporto conflittuale con la madre, la fuga dal paese natale e il ritorno dopo anni, mi ricordano   Lettera a mia madre dello stesso Simenon.

LEI
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